venerdì 21 novembre 2008

PER ILARIA

Venere in cera, della Sezione di zoologia "La Specola" del Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze....bella fuori e bella dentro...



Ilaria Venere tascabile.Immagino che il peso, se di esso si può parlare in tal situazione, di un essere dal cuore sì leggiadro, come solo il volo d'una bianca farfalla può disegnare nella nostra mente, sarà tra le mie braccia come il peso del pensiero d'un bimbo d'innanzi alla giostra del bruco mela, quando vestiti a nozze scenderemo la gradinata della chiesa.
La mia Venere diffonde la luce di quel pianeta che riflette sì bene i raggi del nostro sole e di tutte le stelle del firmamento, dai suoi occhi nocciola al mio cuore quando, ogni mattina poggio le mie assonnate labbra slla sua tiepida fronte liscia e riposata, per darle il buongiorno.

I capelli, della seta più pregiata non temon confronto e tra le mie mani profumano del miele e del grano appena colto. Essi cadon sul viso della sorridente, imbronciata, serafica, sensuale, caparbia donna, incorniciando il roseo ovale come l'opera di un Leonardo, quasi a ricordare quanto mistero si cela dietro il suo sguardo: esso ti segue ovunque.

Il sorriso di perle lascia che il suo canto di sirena trasformi le parole in musica. Quando Ilaria canta il mondo si ferma e il sole e la luna incantati e commossi vedon nella figlia loro il sublime che trascende la forma.

Le sue parole non cadon mai nel vuoto; come frecce di Cupido trafiggono i cuori degli uomini che, incapaci di mentire al suo cospetto, si lascian cadere sulle ginocchia rapiti nell'ascolto di geometrie del Vero mai udite.

Tra i seni che sembran beffeggiarsi del tempo e del suo corso, e i fianchi di madre non sospetta, v'è un ventre che raccoglie la saggezza di millenni: esso morbidamente avvolge il peso di una vita che il suo dorso ha faticato a sostenere.

Ilaria non parla mai a vuoto. Le sue parole hanno il peso dei pianeti e la saggezza delle stelle.

Ella ha reso il suo mestiere un'arte. Lei con meraviglia conduce passo passo le persone a ritrovar nel proprio cuore l'aiuto, che tanto anelan di trovar sulle altrui spalle. Tutti chiedon di Lei. Tutti La cercano. Il suo cuore solca le acque della vita e accoglie in Sè senza distinzione, senza giudizio, il bene e il male, come se tra le persone che la possono aiutare e quelle che la possono ferire non vi sia differenza. Il suo giudizio si ferma solo sul dirupo dove le insicurezze di donna vacillano.

A volte si confonde con la sua forma, si dimentica Chi è e che cosa fà e si lascia andare ad un pianto.

Trova sempre però la forza per mutare le lacrime salate in dolci perle di canditi speziati, si adagia sul suo cuore e ricomincia il canto: Ilaria .

martedì 18 novembre 2008

IN VIAGGIO CON IL PENSIERO:


IN VIAGGIO CON IL PENSIERO:

il pensiero, il pensato, il pensatore, un percorso bio-psico-filologico della mente umana.

Premessa:
partendo dall'assunto che non vi è nè un Inizio nè una Fine, bensì un inizio della fine e una fine dell'inizio, considerando la ciclicità dei fenomeni naturali del mondo classico, mi propongo di condurre ciò che oggi viene definita psicologia a ritroso, in un viaggio verso le proprie origini, passando per la fisiologia, arrivando alla filosofia, utilizzando le scoperte della fisica quantistica per spiegare in modo semplice il viaggio della coscienza umana attraverso il mondo del pensiero, e di come questo possa essere considerato non solo proprio della mente umana, ma appartenente anche all'ambiente esterno dall'uomo.
Definire dunque l'interazione tra il paesaggio interiore umano, rappresentato fisicamente dal sistema nervoso, e quello esteriore dei fenomeni, rappresentato dal contesto naturale e sociale, cercando di rispondere in modo semplice ai quesiti cosa? chi? come? dove? quando? perchè? è l'obbiettivo principale di questa ricerca. L'obbiettivo secondario si propone invece di incuriosire il lettore, affinchè questi possa interrogarsi sulla natura del proprio pensare e sulla natura degli eventi che "accadono" nella sua sfera personale, nel contesto in cui vive e, allargando la visuale, nel mondo intero, augurandosi che Egli possa sperimentare in prima persona, coscientemente, la natura del Pensiero Vivo, capendo la responsabilità che ne deriva, senza per questo privarsi della gioia che tale scoperta può procurare.
Buon viaggio! :)

COSA?

Prendendo come soggetto il Pensiero vorrei trovare una definizione che lo potesse contestualizzare in un ambiente per natura ostile, come quello della mente umana. Definisco quest'ultima "ambiente ostile" per il fatto che al suo interno, un pensiero, per poter sopravvivere e trovare quindi una rete neuronale che lo fissi, analogamente all'uomo e all'ambiente in cui egli vive, esso deve potersi adattare. Deve trovare quindi delle "credenze", delle informazioni, delle memorie che gli permettano di creare un concetto, di rendersi quindi visibile alla coscienza. Non sempre un pensiero trova dei dati, delle consuetudini che gli permettano di concretizzarsi in un processo sinaptico stabile. Tra le definizioni della parola pensiero che ho trovato sul dizionario della lingua italiana, quella che a mio parere meglio la descrive, ai fini della nostra contestualizzazione è la seguente: il contenuto di ogni singolo atto del pensare, del riflettere, immaginare.
Ciò che al giorno d'oggi più si avvicina alla definizione epistemica, (episteme=scienza esatta secondo Platone), di Pensiero, lo propone la fisica quantistica, definendo tutta la materia "pensiero collassato". Premettendo che secondo la visione quantistica del mondo la materia è vuota, vacua, possiamo arrivare a dare una forma fisica al pensiero. Il pensiero viene proiettato sottoforma d'immagine olografica, a volte ricca di suoni, sapori, odori, sensazioni tattili, a livello del lobo frontale del cervello. Più ricco di particolari è il pensiero più il nostro corpo lo percepisce come reale. I sogni ne sono una tangibile testimonianza. Le informazioni che ci permettono di vivere questi pensieri sono le stesse che ci permettono di percepire il mondo esterno. Ora, secondo la teoria delle superposizioni, il pensiero esiste in una dimensione subatomica ad infiniti livelli di possibilità. Attraverso i sensi l'uomo, nel ruolo dell'osservatore, elaborando i dati alla velocità di 400 miliardi d'informazioni al secondo, (a livello conscio solo 2ooo di esse), manifesta l'osservato in base alle credenze, alle conoscenze, alle informazioni che sono nate e cresciute con lui.



DOVE?

I sostenitori delle teorie alla cui base si pone la genetica vedono l'uomo come l'espressione di un codice genetico che si esprime a livello biologico, psicologico e sociale. Questi fattori sembrano influenzarsi reciprocamente durante l'intera fase vitale dell'uomo, assumendo ognuno un ruolo da protagonista, nelle diverse fasi che lo portano dalla nascita alla morte.
Il corredo genetico unico per ogni individuo, anche se con peculiarità comuni, pone le basi per lo sviluppo delle caratteristiche specie-specifiche dell'uomo. Nel proprio Dna l'uomo possiede capacità di conoscenza e adattamento non comuni a nessun altro essere vivente sul nostro pianeta. Il proprio patrimonio genetico determina la struttura neurale e le potenzialità del nostro cervello, ma l'esperienza e l'interazione con l'ambiente esterno ne favoriscono il pieno sviluppo o il deterioramento. Lo sviluppo dei processi cognitivi quali il linguaggio, la memoria, la capacità di apprendimento, avvengono in fasi precise del ciclo vitale umano, le quali precludono la possibilità di tale sviluppo al di fuori di esse, dove può avvenire solo parzialmente. Il contesto sociale in cui ciò avviene determina il grado di sviluppo di tali potenzialità. L'aggettivo Ecologico definisce in molti modelli teorici di psicologia moderna, la necessità di comprendere i comportamenti umani contestualizzandoli.
Le Doux afferma : " Tu sei le tue sinapsi. Esse sono chi sei Tu".

COME?

Definire un Sè sinaptico significa dare un identità biologica alla mente umana.
L'uomo interagisce con l'ambiente attraverso la mediazione del Sistema Nervoso, il quale si suddivide in Sistema Nervoso Centrale e Sistema Nervoso Periferico. Il S.N.C. comprende midollo, tronco, cervelletto ed encefalo, ilS.N.P. comprende un elaborata rete di nervi che, diramandosi dal S.N.C. raggiungono tutte le parti del corpo. Il S.N.P. si suddivide ulteriormente in due: sistema somatico che regola l'attività dell'apparato scheletrico, e sistema autonomo che controlla visceri, muscoli lisci del sistema digestivo, vasi sanguigni e muscolatura. Il sistema autonomo suddividendosi ancora in sistema simpatico, (funzione attivante), e parasimpatico o neurovegetativo, (funzione inibente), regola l'omeostasi generale del corpo. I 5 sensi, rilevando le informazioni dall'ambiente esterno, eccitano il sistema nervoso che invia impulsi bioelettrici al cervello, dove vengono elaborati e tradotti in informazioni. Il cervello si è evoluto nel corso di 40 milioni di anni sviluppando quelle aree deputate all'intelletto a discapito di quelle preposte alle sensazioni e all'istinto. Il neurone è la cellula fondamentale del cervello ed è attraverso di esso che avviene il passaggio d'informazioni che permettono l'attività del pensare. Il corpo cellulare che forma il neurone, possiede un nucleo come le altre cellule, ma la sua membrana è formata da molte diramazioni che si suddividono in assoni e dendriti. Attraverso l'assone, il quale possiede una guaina mielinica che rivestendolo lo isola, l'informazione viaggia sottoforma di filamenti proteici veicolati da un impulso elettrico che li fa scorrere lungo dei microtubuli, anch'essi formati da proteine, i quali assomigliano a dei binari. Attraverso di essi i filamenti raggiungono la parte terminale dell'assone, dove vengono elaborati da particolari enzimi che li avvolgono in vescicole trasformandoli in neurotrasmettitori. Le vescicole sorpassano la membrana nella fessura sinaptica rilasciando i neurotrasmettitori che possedendo una particolare carica elettrica vengono attirati dai dendriti recettori con carica opposta del neurone ricevente. Le informazioni vengono passate così da un neurone all'altro fissando una rete neurale, che permetterà di esperire determinati pensieri e particolari emozioni legate all'interpretazione di questi, basata su memorie e vissuti riconosciuti dal sistema sinaptico.

QUANDO?

Dal mito della caverna platonica alla forma-non forma buddista, passando per il pleroma gnostico al divenire taoista, interpretando le parabole cristiane e le massime sufi, arrovellandoci sui koan zen e i miti industi, meravigliandoci davanti alla perfezione matematica della cabala ebraica, non si può fare a meno di notare che quando l'uomo scava dentro di Sè per cercare le chiavi di una conoscenza perduta che possa rispondere ai quesiti fondamentali come: chi sono? perchè sono? da dove vengo?, egli giunge sempre a una conclusione: L'essere umano fa parte di un mondo di idee, espresse attraverso un Verbo, quindi una conoscenza, un linguaggio, propri di un Essere Superiore, che pervade la sua Creazione con la Coscienza-conoscenza di Sè stesso. Se l'essere umano è egli stesso frutto di un idea, di un pensiero, può essere forse il veicolo attraverso il quale il Primo pensatore, l'Osservatore fa esperienza del ricordo di Sè?

CHI?

In conclusione, chi è il Pensatore? C'è una sostanza fondamentale che fa oscillare gli elettroni attorno al nucleo di un atomo, che ci fa apparire questo mondo come tale, che ci rende simili al nostro interno, negli atomi, e che ci rende unici nella nostra manifestazione, nell'insieme di personali credenze che, attivando le reti neurali, formano le nostre personalità. Questa sostanza può essere la coscienza? L'osservatore? Il pensatore in ultima analisi è il pensato, in quanto esso s'identifica con la propria personalità, frutto di modelli sinaptici. Penso quindi che, attraverso le meravigliose scoperte delle scienze di frontiera, il Pensiero sia diventato forma tangibile solida e reale. Ciò che non ha forma e non è ancora tangibile, se non attraverso la decostruzione del pensiero e della personalità, è ciò che lo anima. Quella Coscienza Superiore che siamo, ma con la quale con troppa facilità dimentichiamo di identificarci, il nostro Non-essere. Perchè se fossimo Veramente, non potremmo più permetterci il lusso di fingere di Essere.

lunedì 17 novembre 2008

IL CAPPELLO MAGICO


Se pensate che sia solo un comune cappello di feltro, vi sbagliate. Se pensate che la sottile fascia scura di pregiato tessuto, che da capo a capo ne cinge la corona, lo renda semplicemente un distinto cappello da uomo, ebbene, nuovamente cadete in fallo. Sebbene esso abbia coperto il capo di molti uomini illustri, capi di stato, eminenti scienziati, ricchi uomini d'affari, uomini illuminati, questo di cui si parla non è un banale copricapo. Erano passati almeno 50 anni da quando il suo ultimo padrone, un importante uomo d'affari brasiliano, dopo una vita di successi, ormai vicino all'ora dell'addio,lo riportò nel bazar dove lo comprò. Il commerciante d'oltre oceano lo acquistò durante un viaggio a Parigi quando, ancora giovane gettò le basi del suo futuro impero commerciale. Oggi proprio come allora, il cappello fa bella mostra di sè, indossato dal manichino di legno dell'antico bazar, tuttora esistente nel quartiere ebraico di Parigi. Gli uomini d'oggi non indossano più il copricapo, solo pochi avezzi nostalgici amano ancora indossarne uno, per distinguersi, per darsi un'aria importante. Alberto Gervasi di professione architetto è uno di questi. Insolito come pochi, ama farsi confezionare gli abiti da un abile sarto veneziano. L'architetto non porta la cravatta ma possiede una fornitissima collezione di cappeli. Il primo fù un regalo del nonno materno, all'anagrafe Achille Bonomi, distinto impresario edile della brianza, il quale insegnò al nipotino l'importanza dello stile e dell'eleganza come presupposto fondamentale per uomini di successo. Aberto apprese bene quelle lezioni che il nonno, abile venditore, non impartiva con rigido rigore, ma lasciava che il loro significato s'imprimesse nella memoria del giovane, durante le narrature sotto il fico nel giardino del casale di famiglia. A Parigi per un viaggio formativo, Alberto assiste alla conferenza di un luminare, architetto genovese, il quale espone d'innanzi ad una platea di gruppi bancari, l'importanza dell'utilizzo di geometrie sacre nella cotruzione di edifici funzionali alle esigenze di istituti fnanziari e di credito. Durante la pausa pranzo, camminando per le vie della città, distratto dal vagare dei pensieri, con lo sguardo perso tra le vetrine, s'imbatte nel bazar custode del magico cappello. Come una folgore lo spirito del cappello colpisce lo sguardo distratto del giovane architetto. Tratta il prezzo con il commerciante ebreo. Lui non lo sa ancora, ma il primo passo che Alberto compirà fuori dal bazar con indosso il cappello, sarà il primo verso un futuro assurdo. Un futuro che è già passato. Passato sopito in un eterno presente. Alberto ora indossa il cappello e non ricorda più. Non ricorda davvero più il perchè della sua visita a Parigi. Piacere o affari? L'amore l'aveva forse potato lì? Mah?!? Totale amnesia. Questa non si rivela come sconforto e confusione, bensì come sensazione d libertà e d'innocenza vestita solo d'un sorriso e pochi frivoli pensieri. "Mi chiamo Alberto"- pensava - "sono qui a Parigi per..." e non poteva far a meno di sbellicarsi dalle risate che da un timido e sommesso sorriso mutavano in fragore e festa del non senso. Così, lungo le vie dei borghi, sui marciapiedi bagnati dalle secchiate dei fiorai che puliscono l'uscio delle loro botteghe, tra i crocevia dove agli angoli s'intersecavano profumi di paste e pasticcini che dai caffè permeavan l'aria fino a saturarla, insinuandosi tra le auto con autisti sempre di fretta, sempre altrove.....
così Alberto comincia il ricordo di Sè. Intendiamoci: non il sè stesso Alberto Gervasi architetto di professione, ma il Sè quello Vero, quello nascosto dietro ai titoli, le lauree, i valori, la morale, gli amori, la famiglia. Quel Sè che ha osservato quieto il divenire di Alberto per tutto questo tempo. Quel Sè che ha visto nascere Alberto e che lo ha visto morire milioni e milioni di volte. Quel Sè che è raccolto e che si dispiega solo nel proprio riflesso, nel sogno di una vita reale, di architetto italiano in viggio a Parigi. Ride Alberto, ride a denti spiegati su una bocca da Jocker, il matto, il sè stesso al contrario. Non sa perchè ride. Sa solo che quel riso così vivo è solo una conseguenza. Una conseguenza legittimata dal senso di gratitudine che ora lo pervade. Così vivo non lo è stato mai. Egli sa solo che ciò che desidera già ce l'ha. Possiede tutto. Tutto in potenza è suo e può liberamente desiderarlo e farne l'esperienza. L'amore di una donna stupenda, la ferrari che t'incolla al sedile, il castello lungo la Loira, i viaggi nei paesi più remoti, i paesaggi mozzafiato, il lavoro più creativo e appagante, la famiglia del mulino bianco, l'erba più verde, sempre più verde del vicino, la ricetta della torta di sua nonna ormai perduta - la torta e anche la nonna. Alberto si sente grato per questo, perchè ciò che desidera ce l'ha già, deve solo allungare la mano per assaporarne le forme e rendersi intimo con l'essenza dell'attrazione che anima il suo Desiderio. Capisce, nel rifugio dal mondo che il cappello rappresenta, capisce che la vita è desiderio, spinta convulsiva verso una spirale ascendente che non ha nè odore nè nome. "L'Angelo si distingue dall'umano perchè vola appagato dal suo desidero del quale vede l'inizio e la fine, nell'amore per sè stesso che avvolge la sua vita, senza il quale sarebbe uomo già seduto sulla culla della morte." Questo pensa. "Egli ama sè e le possibilità che con Sè sono nate. Nulla lo turba perchè sa che le possibilità sono la Realtà. La Realtà di chi sceglie che lo sian. Egli sceglie tutte le possibili realtà perchè per lui il tempo non è solo consequenziale, ma anche laterale. E' attraverso la lateralizzazione di esso che Egli sfugge alla morte e che rimane Sè stesso per sempre". Il cappello ha trovato il suo padrone. L'acceleratore di particelle che Alberto indossava come copricapo si è fuso con lui. Negli atomi di Alberto-non-Alberto ora risiede la sua coscienza. Nell'infinito riposa in un eterno movimento colmo di gratitudine. Lui che ha scelto Alberto come una delle possibili realtà. Ora l'ha reso partecipe e ora Alberto ha fatto pace con ciò che non pensava di essere. Ora egli infinitamente è utto ciò che pensa e non ha pensato di essere. Egli è tante volte Uno e nello Zero rivede il dorso di ciò che è stato e sempre sarà. Un sorriso semplice per un inizio così dolce, così dolcemente amaro, il ricordo di Sè.

martedì 16 settembre 2008

La prigione delle idee


Gastone operaio edile di professione, inventore dilettante per passione. La mattina alle 7:00, mentre aspetta il furgoncino che lo portoterà al cantiere, compra il quotidiano all'edicola sotto casa; il panino con salame e formaggio per la pausa delle 10:00 se lo fà preparare da Ercolina, la moglie che, dietro quel nome poco accomodante, camuffa le curve femminili di una gran donna da letto. Gastone legge il giornale al contrario, partendo dall'oroscopo e dagli annunci economici, passando per lo spettacolo arrivando alla politica e all'economia, salendo sul furgone dove tutti sono ancora assopiti e lo salutano con un cenno del capo. E' proprio qui, dentro il fiorino 9 posti sgangherato, che Gastone elucubra le sue geniali idee: il cavatappi che ritappa le bottiglie mezze vuote, il rastrello che se per sbaglio lo calpesti non ti arriva in faccia perchè con il movimento verticalizzante il bastone si piega in due facendo scattare un perno a molla, il depuratore per camini che trtasforma il fumo nero in vapore acqueo senza inquinare, il tagliaerba con lame di gomma che taglia solo l'erba e non le dita dei più distratti, la borsa da manager in ecopelle che aprendo la cerniera sul lato posteriore si apre a fisarmonica e può contenere, mantenendo la temperatura, la spesa di surgelati che tutti i business men impegnati sono costretti a fare - non dovendo tornare subito a casa -lo zerbino con filtro aspiratore per pulire le scarpe degli ospiti più zozzoni, e tante altre che il Genio tiene per sè tra le pareti della sua mente.
Stanco della solita routine e dei soldi che non bastano mai per realizzare i suoi progetti decide che, forse i suoi progetti sono solo il sogno di uno stupido in cerca di gloria e di soldi facili. "Non voglio più essere schiavo delle mie invenzioni mai realizzate!! D'ora in poi penserò allo sport, magari al calcio e a portare mio figlio alle partite e a mia moglie, quella santa donna, che non si lamenta mai perchè non la porto mai a fare un viaggio o a comprarsi delle scarpe nuove!!". Detto fatto. Gastone uomo nuovo! Tifoso del Barletta, porta sua moglie ogni sabato al mercato a comprarsi un paio di scarpe nuove.

Incubi. Popriò così. Un fottio di incubi ora lo assalgono: gente che muore dissanguata perchè si è tagliata un arto col tagliaerba, bottiglie mezze vuote lasciate aperte nel salotto di casa di un tossico che diventano terreno fertile per l'epidemia del nuovo millennio, rastrelli che si spezzano e si conficcano nella pancia della gente, camini, sempre più camini che oscurano il sole e fanno sprofondare la terra in un clima alla blade runner...
Tutto questo perchè Gastone ha detto No. No ha detto l'operaio al suo sogno d'uomo comune trasformato in imprenditore di successo. L'incubo peggiore diventa realtà. Un sabato mattina riceve un catalogo di merce varia, di quelli dei grandi magazzini, per posta. Lo sfoglia incredulo: lama per tosaerbe in gomma di varie misure - "si può tranquillamente sostituire alla vostra vecchia lama con una semplice chiave inglese", catalizzatore per comignoli - "trasforma il fumo nero in vapore acqueo. Con soli 15,99€ in più avrete il coperchio che trasforma il vapore in condensa e porta l'acqua direttamente al vostro orto", e la lista continua con più o meno tutte le sue invenzioni. Gastone ebbe un sussulto, poi un altro e un altro ancora. Infarto. Ercolina lo trova steso con la pagina del "cava e ritappa" in mano. Capisce che non c'è tempo da perdere, chiama il 118 che lo prende e lo porta all'ospedale. L'inventore distrutto si sveglia rincoglionito sul letto d'ospedale al 5° piano. Decide che la morte sarebbe stata una buona alternativa alla vita da imbecille che lo attendeva. Non si chiede nemmeno chi gli abbia potuto fottere le idee. Non ne aveva mai fatto parola con nessuno. Con un gesto goffo si trascina giù dal letto. Due passi e arriva alla finestra, la apre, respiro profondo e giù per 5 piani per dimenticare il fallimento.
Boing forse non è il suono giusto per descrivere l'impatto del volo dal 5° piano di un uomo di 80Kg, ma questo è il suono stupido che fece il corpo del Gastone quando atterrò, e riatterrò e riatterò ancora. "Ma che diavolo succede!!!"- stizzito esclamò- gli venne in mente subito una sua vecchia invenzione mai realizzata: il materassino parasuicida con tappetino d'erba inglese utile per piantumazioni esterne di ospedali psichiatrici, carceri e luoghi dove il suicidio non è un reato: lasciate che chi decide di non vivere più abbia una seconda scelta! Questo era lo slogan con cui la casa produttrice Hell's solutions lo pubblicizzava. Finito il morbido atterraggio si trovò di fronte un uomo: capello brizzolato, pizzetto, alto, avvolto in un impermeabile nero con spilla d'oro che cingeva i due lembi di tessuto pregiato. "Mi presento: Dott. Fero, Lucio Fero. Noto con piacere che lei è stato il primo uomo ad aver utilizzato il nostro nuovissimo articolo, il materassino parasuicida. Come si sente ad avere una seconda chance?"- "Avrei preferito di gran lunga non averla avuta." - ribattè lui - " Lei lo sà che questo affare l'avevo inventato io più di 10 anni fà? Già, ma come credere ad un povero pazzo suicida!?!"- con smorfia da sornione Il Dottore replica - "non ci rimanga male Gastone. Io ho fatto mio solo ciò di cui lei voleva sbarazzarsi. Le sue idee non le ha mai realizzate, non c'ha creduto. L'unica idea in cui ha creduto è stata quella di togliersi la vita, ma visto che lei è stato così generoso con me, ho voluto ricambiarla donandole una seconda opportunità. Che ne direbbe se entrassimo in affari? Vede, le sue idee mi piacciono, rendono la vita dell'uomo comoda e agiata e sono sicuro che ne ha tante altre in serbo per la mia azienda. Ciò che io voglio è che l'uomo non si distragga come fa lei, voglio che pensi all'agio e al benessere. Non posso permettere che troppe menti divengano creative. Mio caro il mondo è un bel luogo dove vivere, non vorrei mai che i miei ospiti preferissero altri lidi per le loro vite a breve termine"- "Caro Dott. Fero non saprei cosa rispondere. Io sono solo un umile muratore e lei un impresario di successo. Preferisco far affari con la mia mente e restare libero, vede lavoro già sotto Padrone". ,- " ah, ah, ah, suvvia Gastone, io le offro la libertà di dar forma alle sue idee! Non faccia lo sciocco e firmi questo contratto che, guarda caso ho proprio quì con me!". Gastone si fa tentare, prende la penna che il Dottore gli porge con fare affabile, si china sul contratto e.... nel silenzio di pietra che s'era creato tutto intorno al momento della firma, cominciarono a vorticare migliaia di idee libere nella mente dell'inventore tutte assieme: la bicicletta d'acqua, la polvere brucia polvere, il vino analcolico che procurava l'ebrezza della sbornia, l'impermeabile che diventa sacco a pelo, tutte lì che roteavano a ricordargli la libertà.

"Mi dispiace Dottore. Preferisco lasciare le mie idee libere e vive nella mia mente, piuttosto che vederle realizzate ma morte in un mondo che, sì sà è la culla della morte. Nella mia mente esse non morranno mai. Lei mi chiede la vita delle mie idee per aver salvato la mia. Non me ne voglia ma io non le avevo chiesto nulla." Il Dott. Lucio Fero versò una lacrima che, cadendo al suolo congelò immediatamente il suo corpo, frantumandolo in una miriade di pezzetti di ghiaccio che caddero a terra creando subito una pozza nera. Tutte le invenzioni materializzate furono risucchiate nella pozza.

Gastone fù ancora prigioniero del mondo che lo voleva operaio edile, marito di Ercolina la gran femmina, che gli preparava quei suoi panini al salame che solo lei sa. Le sue idee furono libere ed immortali nella sua coscienza. Gastone ora capisce; capisce chi è realmente, capisce che le sue idee non sono sue, ma egli stesso è le sue idee. L'operaio va verso la morte camminando a testa alta, conscio del suo ruolo d'attore, fiero di essere un idea libera nella mente di qualcuno che ora conosce bene.

sabato 13 settembre 2008

L'inizio della fine


Ci fù, in un tempo remoto, proprio su questo pianeta dove tu e io beviamo birra e dove, ogni tanto si vedono storie di cani e bionde amare che li portano a passeggio stretti nel loro guinzaglio, al nodo d'una cravatta stretta a quel colletto bianco, ci fù dicevo un ippopotamo blu - o almeno questo è quello che si pensava lui fosse - che chiamavano Vinos. Questo Vinos era un tipo assai particolare; diversamente dai suoi simili egli odiava l'acqua, proprio perchè appena nacque, la grassa madre blu lo abbandonò ai bordi d'un villaggio di pantere nere - felini che ripudiano l'acqua come ogni buon gattone - dove fù trovato ed allevato da Mama Boras, baffi lunghissimi, occhi penetranti e mammelle gonfie e turgide da dove usciva un nettare fabbricato dagli Dei della mammella, nettare che al giorno d'oggi chiameremmo vino. E proprio di vino si trattava. Mentre gli altri ippopotami blu passavano le giornate al fiume a mangiare pesce scandagliando il fondo argilloso, smascellandosi di tanto in tanto per qualche femmina in calore, Vinos trascorreva i giorni tra le vigne sui colli. Queste vigne cariche d'uva sempre matura erano i pascoli dove le madri pantera si nutrivano. Il vino che spillavano da quei grossi capezzoli era speciale. Esso donava la capacità di conoscere il passato e il futuro di ogni cosa dove lo sguardo dell'avido succhiatore si sarebbe posato. Un giorno come tanti altri Vinos bevve più del dovuto. Questo causò in lui una terribile visione. Vide la sua terra ingiallita ed invecchiata. Non v'erano più quei colli così carichi d'uva. Le pantere erano ritirate a vita solitaria e nutrivano i loro figli con un liquido biancastro amaro che veniva chiamato latte. Ma la cosa più terribile era che lungo tutta quella che una volta fù la sua terra, si era insediato un virus enorme che camminava ritto su due zampe, non girava con la pelle al sole, ma si nascondeva dietro maschere che chiamava abiti. Questo virus si riproduceva molto in fretta. Era un virus assai particolare, nato per distruggere- La sua ferocia a volte raggiungeva apici così alti, che gli individui di questa specie si ammazzavano tra loro, nutriti dalla loro stessa malattia, l'odio. Il virus aveva un nome, lo chiamavano Uomo. Vi erano sia maschi che femmine di questa specie, ma non v'era differenza alcuna quando si trattava della loro malvagia natura. Vinos si svegliò in preda al panico in una notte di luna piena e triste cominciò un pianto rotto solo dai singhiozzi della disperazione. Decise di porre rimedio. Cosa avrebbe potuto fare un ippopotamo blu nelle sue condizioni per salvare il suo pianeta? Questo era quanto la sua mente si chiedeva - non lo sentite parlare perchè tanto non capireste la lingua di un ippopotamo blu e io non sò scrivere nella loro lingua - senza tregua in un angoscioso barcollare tra i vigneti. Pensò che il nettare delle pantere sarebbe stata la soluzione. Il giorno seguente trovò la Radice Madre delle Piante che meravigliosamente dissetavano le pantere. Sapeva che questa radice aveva un potere speciale: se leccata esprimendo un desiderio questo si sarebbe avverato. La sera stessa compì il sacrificio. Leccò il radicione e si trasformò in uomo. Si sentì tutto d'un tratto colmo di solitudine. Volle per sè una femmina. Leccò nuovamente la Sacra Radice. Ebbe una donna. Una stupenda donna. Copularono ripetutamente per non sentire il senso di vuoto che contorceva loro le budella. Nacquero dei figli. Il vuoto non se ne andò, crebbe nei suoi figli come in lui. Crebbe nei suoi nipoti e nelle generazioni a venire. Per colmare questo vuoto decise di fabbricare con le sue mani quel nettare magico che quando fù ippopotamo lo rendeva Vero, in pace e colmo di Sè. Creò il nettare che chiamò vino. Ne diede da bere ai figli e ai figli e alle figlie dei suoi figli. Essi si sentirono colmi, ebbri, ma non più uomini. Non poteron far a meno del nettare del quale s'ubriacaron ripetutamente, giorno dopo giorno. Il vuoto non scomparve. Egli non può scomparire, può solo cambiar forma. Mutò così in odio. Egli divenne la natura più intima dell'uomo. Egli si fece uomo. Fù così che l'uomo cominciò ad odiare per sentirsi vivo. Fù così che l'essere umano nato dall'ippopotamo diede Inizio alla Fine.

venerdì 12 settembre 2008

Viva gli Sposi


Marcello, furfante con tanta voglia di far danni. Un foulard della nonna, coppola e occhiali da sole del nonno morto -che se la nonna lo sà son cazzi- coprono il muso brufoloso sudicio di merendine ingurgitate con avidità. La fionda se l'era fabbricata da sè con un ramoscello colto al torrente dove non si può andare senno anneghi. La vetrina del negozio di abiti da sposi con la coppia di manichini agghindati che si fissano negli occhi spenti. Non si può sopportare tanto!

Ore 14:00 di un afoso lunedì d'agosto di chissà quale anno perso nella memoria di Dio, sempre che ne possieda una. Il piccolo delinquente nascosto dietro il cassonetto dell'immondizia colmo, straripante del pasto che il quartiere gli cagava in bocca. " non c'è un cane!" - pensò tra sè - " non c'è da aspettare un attimo. Devo agire!" - Tiro secco e il suono della vetrina in frantumi .- " Corri scappa sennò finisci male"- la mente senza sosta. L'eccitazione e l'adrenalina pompano il corpo sudato che corre sulla strada tra i vicoli, per sfuggire allo sguardo d'indiscreti testimoni.

La corsa s'arresta due incroci più giù, verso casa. Non un verso di cane. Non un alito di vento a spezzar la tensione. Marcello torna ad agio sui suoi passi. Si sà, un criminale ricalca sempre la scena del crimine. La vetrina vuota e la sposa a terra con la testa mozzata di netto lo fecero ridere di gusto! Nella confusione non si accorse di un particolare: lo sposo era sparito. Quando il riso da ebete comincia ad affievolirsi, si accorge che manca un particolare.

Il particolare si fa subito notare. Bam!Bam!Bam! Tre mazzate tre! Secche sul capo scemo del putto scemo. "Ahia! Ma chemmale!?! Ma chissei?!?"- esclamò. Non una parola di risposta. Scaraventato a terra, si ritrovò mesto a parar colpi col capo chino senza saper chi fosse il suo feroce aggressore. I colpi freddi, alle costole, sulle reni, agli orecchi; apre un occhio per rendersi conto di chi potesse essere il bruto. Sgomento si stropiccia l'occhio buono - quello non gonfiato dai cazzoti presi - non crede a ciò che vede. Una lacrima sintetica bruciava la sua guancia, colava dall'occhio dello sposo ferito nell'onore, scavato nel cuore di un corpo in apparenza senza vita. Quel manichino che portava ancora disegnato lo sguardo innamorato "di fabbrica", trasudava odio e animato dal rancore della perdita della sua sposa, picchiava duro senza sosta per annegare nella sete di vendetta.

Si piscia addosso il piccolo coglione e si sveglia grondante di sudore nel lettino della sua cameretta. "Mio dio era solo un sogno!" - esclama ad alta voce - " sembrava così vero che..."

Il sonno lo riprende con se tutto pisciato. Suonan le campane della messa delle otto. Le vecchiette, rosario alla mano, mormorio perpetuo, passo triste verso il portone della chiesa. Marcello non capisce. Cerca di sgranare gli occhi ma non vi riesce. Sono come bloccati. Si sente addosso una strana smorfia da imbecille, come se stesse sorridendo senza saper perchè. Davanti al suo sguardo incredulo c'è il manichino di una donna bellissima vestita da sposa. Sente una sensazione di pace mista ad eccitamento percorrergli tutto il corpo. Corpo gelido, gelido sintetico. Sente che l'ama. Dio se l'ama. Sente come un suono di pioggia provenire dalla sua destra, ma nulla lo sfiora. Con la coda dell'occhio - che non può spostarsi dall'immagine della sua Dea - vede cadere tanti chicchi di riso. Scorge un vetro tra loro e il riso. Un bimbo biondo e moccioloso urla con il muso appiccicato al vetro -"Viva gli sposi, viva gli sposi, viva gli sposi!"- Nei suoi occhi lo sguardo di chi è rinato. Rinato e si fà beffe della morte. Marcello ora capisce. Sà tutto perfettamente. Una lucidità tagliente è penetrata nel suo intimo. Il moccioloso biondo aveva indossato i suoi abiti un tempo. Non gliene fregava un cazzo a dirla tutta. Marcello doveva solo Amare la sua Sposa e che il mondo la fuori andasse a farsi fottere!!! Viva gli sposi! Viva gli sposi! Viva gli sposi!

giovedì 11 settembre 2008

La Fooga


Sparò dritto alla fronte. La storia, i ricordi, brandelli sul muro giallo sbiadito. Non v'era più scelta, se non l'unica possibilità di osservare cosa sarebbe accaduto di lì a poco tuttintorno al suo corpo usato. Strano, pensò che una volta morto non avrebbe più avuto coscienza di sè. Invece ora si trovava nella situazione di uno che non poteva più guardarsi allo specchio per insultarsi e sputarsi in faccia la vergogna. Lui e lo specchio ora sono uno. Non può più nascondere la mano. La coscienza non lascia più tregua. Non c'è più una mano per portarsi un bicchiere dietro l'altro alla bocca. Non si può più cancellare. Il tempo che trascorse ammutolito dal silenzio di fronte alla carne esanime sembrò infinito. Forse era proprio così. Non accorse nessuno. Le stelle si spensero a milioni. Ne naquero di nuove. Passò dell'acqua sotto e sopra i ponti. Lui non potè far altro che osservare.

Mondo reale: accore la vicina. Trova la porta aperta. Sforzandosi con mano alla bocca per non vomitare chiama soccorsi. Arrivano. constatano il decesso. Amici e parenti si strigono nella solita morsa di dolore tipica di chi rimane. Funerale per giovane defunto cattolico, anche se di cattolico aveva solo il paese in cui nacque. Passano gli anni e le cagate di piccione sulla sua lapide sbilenca con foto di lui della quale odiava il taglio osceno di capelli. La vita scorre. Muoiono i genitori, fratelli, la moglie, ad uno ad uno gli amici e i nemici ma Lui non se ne accorge. Troppo intento a ricordarsi il sapore che aveva la saliva nella bocca quando, ancora vivo poteva deglutirla e sputarne il retrogusto morbido della lucky strike. Nell'altro mondo sei solo ricordo. Questo pensò. Non sapeva che la sua scelta lo aveva reso immobile per l'eternità, se proprio ne esiste una. Immobile ad osservare e rimpiangere ciò da cui ha voluto solo per un istante, tanto intensamente fuggire. Vuoi ancora fuggire?